mercoledì 27 aprile 2011

Innovazioni tecnologiche nell'agricoltura

L'aratro:

L'aratro, spesso designato con il termine ferrum a causa della punta metallica da cui, seppure con molte varianti, è costituito, è uno strumento che fin dall'antichità ha avuto una larga diffusione.
Le prime testimonianze del suo utilizzo risalgono al IV millennio a.C (Sumeri ed Egizi), ma ancora nel Medioevo risulta essere uno strumento piuttosto diffuso per l'aratura dei campi.

 Calendario (l'aratura), 1000 circa, miniatura

 Si tratta dunque, molto probabilmente, dell'attrezzo più importante della storia della civiltà: un tempo trainato da buoi o da schiavi, oggi, nei Paesi modernizzati, da trattori meccanici.

Bassorilievo della necropoli di Ur, IV millennio a.C


 Non mancano inoltre le occorrenze nella letteratura: nel "De rerum natura" di Lucrezio  sono presenti riferimenti all'aratro ricurvo; nelle "Georgiche" di Virgilio, il poeta augusteo si sofferma più volte su questo strumento:
"Va pure detto quali siano per i rudi contadini gli strumenti, senza i quali le messi
non possono né seminarsi né crescere: per primo il vomere, e il grave legno
dell’aratro ricurvo
[...]"

Il mulino:

E' difficile attribuire una data all'introduzione del mulino nelle tecniche agricole; si può addirittura supporre che si tratti di un'invenzione barbarica.
 Si può però far riferimento al "De Architectura" di Vitruvio, in cui viene descritto con precisione il funzionamento di un mulino ad asse verticale, tanto che si parla anche di "mulino vitruviano". In seguito compariranno anche i primi mulini con ruota ad asse orizzontale, la cui costruzione risulta sicuramente più complessa.

La macinazione del grano nella storia ha avuto una grande importanza, tanto che i mulini, pur essendo già conosciuti al tempo degli Egizi, ebbero larga diffusione anche nel Medioevo.
A tal proposito Marc Bloch, storico francese della prima metà del XX secolo, affermerà:

"Invenzione antica, il mulino ad acqua è medievale dal punto di vista della sua effettiva diffusione"

Nel Medioevo, infatti, il mulino è certamente in funzione e non si tratta solo di una curiosa macchina ma di un importante strumento di produzione.

 Mulini in un manoscritto di Oxford


Il mulino e l'Impressionismo
Campi di tulipani con il mulino a vento Rijnsburg, Claude Monet


 Mulino ad Amsterdam, Claude Monet

Il mulino e il Surrealismo
Mulini a vento, Salvator Dalì

Tornando alla letteratura, celebre è il romanzo epico-cavalleresco di Cervantes "Don Chisciotte", in cui i mulini assumono le sembianze di "terribili mostri".



Anche nella Divina Commedia non mancano le citazioni in merito, in cui si sottolinea l'importanza che questo macchinario ha avuto nella storia dell'uomo.

giovedì 14 aprile 2011

Introduzione

 Fin dalle epoche più remote l'uomo ha cercato di fabbricare gli utensili e le macchine che gli permettessero di migliorare l'effetto delle proprie azioni, un po' in tutti i campi.
A tal proposito riporto una delle scene più memorabili del film di S.Kubrick, "2001: Odissea nello spazio" (1968), in cui i primi ominidi imparano a vedere oggetti con occhi nuovi ed a utilizzarli come strumenti.



 Inizialmente la storia tende a confondersi con la leggenda: molti sono i miti che cercano di dare una spiegazione del progresso della tecnica e del miglioramento delle condizioni dell'uomo.
Pian piano nasce però la consapevolezza di "poter fare di più", aumentano le aspirazioni e cresce la voglia di rinnovamento. Un esempio palese è sicuramente il movimento di avanguardia letteraria e artistica conosciuto con il termine "Futurismo", di cui uno dei principali aspetti è proprio il mito della macchina.

Il Futurismo divenne espressione del dinamismo del mondo moderno; il suo intento era infatti quello di "cantare la civiltà della macchina", attingendo così sensazioni nuove dal mondo della scienza e della tecnica. La macchina diventa così un mito nel quale si raccolgono le aspirazioni della modernità, del rinnovamento e delle trasformazioni sociali. 
Anche nella letteratura l'avvento della macchina assume il valore di un simbolo, capace di alimentare le fantasie dell'immaginario collettivo. L'esaltazione della macchina diventa una sorta di religione: la macchina si trasforma nel mezzo e nel fine della creatività artistica e della sensibilità estetica. La macchina diventa una metafora dell'esistenza ed offre l'illusione di un fondamento concreto e oggettivo in una visione del mondo per molti aspetti astratta, delirante e irrazionale.
Giosuè Carducci, per esempio, nell'Inno a Satana del 1863, aveva celebrato l'arrivo della locomotiva come un segnale del trionfo della scienza e del libero pensiero.


Esemplare è uno degli 11 punti elencati nel Manifesto del Futurismo, pubblicato su Le Figaro il 20 febbraio 1909 dal fondatore stesso del movimento, Filippo Tommaso Marinetti: "[...] canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta."



mercoledì 13 aprile 2011

Questo blog nasce con lo scopo di creare un approfondimento trasversale alle lezioni tenute dall'ing. Vittorio Marchis presso il Politecnico di Torino.
L'idea è quella di focalizzare l'attenzione sull'iconografia a partire dal corso di “Storia della Tecnologia”, nella speranza che possa rivelarsi utile per lo studio della materia o anche solo per semplice interesse personale.